domenica 10 gennaio 2010

E tu vivrai nel terrore! L'Aldilà (Italia 1981) di Lucio Fulci

Tipico film che tarantiniani, cinefili e fanatici del B-movie incensano come capolavoro assoluto, tanto che persino il Mereghetti lo elogia definendolo un “horror libero e anarchico, tra i più visionari del fantastico italiano”, L’aldilà è effettivamente delirante come lo sarebbe un’accozzaglia di scene ritagliate da film diversi (Shining, L’esorcista, Zombie, Amytiville horror, Inferno e si potrebbe continuare molto a lungo) e assemblate alla belle e meglio senza una logica evidente: ma è un pregio a tutti i costi?

Di fatto non c’è una trama, ma un accumulo di eventi incomprensibili e sempre rigorosamente splatter: il film – sceneggiato (?) dall’indiscutibile principe dei filmacci anni settanta, Dardano Sacchetti – parte dal classico espediente della casa infestata (in questo caso, addirittura costruita su una delle sette porte dell’inferno) e se ne serve come contenitore per ogni sorta di stereotipo horror. C’è di tutto, davvero: dagli zombie ai più prosaici colpi d’ascia, dalle tarantole alle bambine indemoniate, dai blob schiumosi ai fantasmi. Gli effetti speciali firmati Giannetto De Rossi sono di buon livello, quindi per noi amanti degli sbudellamenti c’è di che divertirsi, compresi diversi occhi cavati dalle orbite e una secchiata di acido in faccia. Il problema è che, oltre a qualche risata (o conato di vomito, dipende dalla sensibilità dello spettatore), altro effetto il film non lo provoca: la sequenza degli avvenimenti è talmente arbitraria ed illogica che è preclusa una qualunque forma di suspense o di semplice coinvolgimento emotivo.

Si dirà: ma non è proprio la componente a-logica ed irrazionale ad aver fatto la fortuna dell’horror italiano, Bava e Argento in primis? E’ vero, ma il punto è che Fulci non è né Bava né Argento: non ha il genio e la consapevolezza del primo e nemmeno lo spirito visionario e la ricerca formale del secondo. Nel delirio de L’adilà ci sono certamente alcune intuizioni spiazzanti e insolite, indicatrici di un talento genuino (mi viene in mente soprattutto l’incontro con la ragazza cieca in mezzo alla strada deserta) ma sono annegate in un mare di cialtroneria da B-movie di qualità dozzinale, pieno di stereotipi e banalità (e di una brutta colonna sonora di Fabio Frizzi), privo di un qualcosa, anche a livello formale, che riesca davvero a riscattare questo assurdo frullato di eventi. Stranamente gli attori sono invece sopra la sufficienza, soprattutto l’espressiva protagonista Catriona MacColl.

Una curiosità: mentre guardavo il film molte situazioni (compreso il cortocircuito spaziale del pre-finale) mi hanno ricordato il bellissimo Silent Hill. Pensavo si trattasse di una coincidenza, poi nella Wikipedia italiana ho letto che il videogioco della Konami ha effettivamente inteso omaggiare il film di Fulci. Sarà vero?

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